La Masseria Fragnite, nata tra la fine del '600 e gli inizi del '700 per iniziativa della casa ducale dei Sisto y Britto, fu ceduta ai Domenicani di Ceglie con atto di vendita del 1744.
Nel '700 infatti, in tutta la zona compresa tra le provinciali Ceglie - Ostuni e Ceglie- S. Michele, si formarono numerosi nuclei abitativi della feudalità laica ed ecclesiastica di Martina, Cisternino e Ostuni. Numerosi furono, tra l'altro, i monasteri dei Domenicani, dei Francescani e dei Carmelitani.
Il duca di Ceglie riuscì ad acquisire la proprietà della Masseria Fragnite nel 1832.
La famiglia ducale riuscì a ricostruire un ingente patrimonio terriero reimponendo la propria egemonia su una società ancora fortemente arretrata grazie ad un parziale processo di ristrutturazione e riorganizzazione produttiva.
La Masseria Fragnite, così, da semplice agglomerato con pochi locali per uso del massaro, venne in parte ristrutturata con l'adattamento dei locali a magazzini per la conservazione delle merci e con l'allargamento e sistemazioni delle corti per gli animali.
La famiglia ducale costruì, tra l'altro, numerosi muretti a secco per separare le aree dell'incolto da quelle del seminativo, la cui importanza era notevolmente accresciuta.
La masseria comunque, non era concepita ancora come centro di organizzazione stabile del lavoro e come sistema di produzione di tipo moderno.
L'esiguità dei magazzini per la conservazione del grano, l'inesistenza di alloggi per ospitare i braccianti o coloni, nonché l'assenza della chiesa, espressione di una presenza consistente e stabile delle famiglie contadine nella campagna, costituivano il sintomo di un insediamento agricolo in parte precario ed ancorato ad un sistema produttivo dominato prevalentemente dall'attività pastorizzia.
I processi di trasformazione agricola più consistenti ed efficaci si determinarono nella seconda metà dell'800 provocando la crisi definitiva dell'incolto macchioso a favore delle colture miste.
Nello stesso periodo, si verifica però la rottura del monopolio terriero e la crisi del mondo agricolo che favorirono un intenso processo dio trasformazione terriera il cui vero protagonista fu il lavoro contadino.
L'amministrazione della casa ducale passò dai Sisto y Britto ai Verusio nel 1860. Da quel momento si ebbero vendita di alcune quote di terra e frequenti contratti di enfiteusi che determinarono modificazioni delle culture a maggiore presenza delle famiglie contadine nel territorio.
Le tracce dei cambiamenti si rinvengono nella struttura abitativa della Masseria, infatti si aggiungono locali per ospitare i braccianti durante la semina e la raccolta, si costruiscono piccole dimore rurali (casedde) per ospitare famiglie contadine compartecipi dell'attività del massaro o dell'affittuario e soprattutto, poi, la costruzione di una piccola chiesa. La rottura definitiva dell'assetto proprietario si verificò nei primi anni del novecento con la costituzione di unità produttive di 20-30 ettari separate dal corpo centrale della Masseria. Il declino definitivo del dominio signorile si registrò negli anni '40 con la polverizzazione dell'assetto proprietario che favorì lo sviluppo di microfondi contadini, completando nel processo di trasformazione colture avviato nel secondo '800.
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